giovedì 5 gennaio 2017

ANCHE I RE MAGI VENGONO DA LONTANO ...

Il mio vicino viene da lontano:
il viaggio e il lungo cammino dell’umanità

«La storia dell’umanità inizia con i piedi» scrisse nel 1964 André Leroi-Gourhan, antropologo tra i padri della preistoria moderna. Con buona pace dei sempre maggiori sostenitori delle radici, gli uomini camminano e si spostano, intraprendono un viaggio; e forse si complicano anche la vita. Probabilmente aveva ragione Pascal a dire che «l’infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera», ma a volte stare nella propria casa non si può.

Te lo impediscono la fame, la guerra, le calamità naturali.                                    
E allora si parte.              
          
Impronte di Laetoli (Tanzania)
Da una torrida depressione africana i nostri antenati sono partiti, in ondate diverse lontane nel tempo le une dalle altre, e pian piano hanno colonizzato l’intero pianeta.                                  
                                                                                                                                                                      

Questo racconto affascinante è però una storia d’incontri e di scambi, perché l’essenza di quella cosa che chiamiamo cultura è la comunicazione. Incontrandosi e scontrandosi gli esseri umani si sono costantemente scambiati idee, tecniche e geni, intrecciando sempre di più il loro essere biologico con quello  culturale.                                                                  

Questo lungo e prolungato scambio, culturale genetico, ci ha progressivamente reso più simili che diversi. Siamo una specie migrante, che ha piedi e non radici. 
Questo non vuol dire che dobbiamo dimenticare da dove veniamo anzi, quello che siamo o che  diventeremo è frutto proprio di quel cammino.

La lezione che ci viene dalla moderna genetica è che le razze non esistono, questo non significa però che non esista il razzismo.
Come dice Guido Barbujani «Le razze ce le siamo inventate, le abbiamo prese sul serio per secoli, ma adesso ne sappiamo abbastanza per lasciarle perdere».

Oggi sentiamo spesso parlare di migrazioni, soprattutto da quando l’Italia è divenuta meta di molti stranieri che fuggono dalla povertà dei loro paesi o da una guerra o semplicemente cercano un futuro migliore in Europa. Esattamente quello che hanno fatto milioni di italiani nei decenni passati quando furono costretti a emigrare in Belgio, Germania, Sati Uniti, Argentina, Brasile ecc.; in un solo secolo, tra il 1873 e il 1973, sono stati circa 26 milioni.

Nulla di nuovo sotto il sole, quindi; i processi di migrazione attuali non sono altro che il proseguimento di quel percorso che fin dagli arbori della propria storia gli esseri umani hanno intrapreso. I migranti di oggi si mettono in viaggio per trovare lavoro e condizioni di vita migliori. Fino a quando nell’intero pianeta non ci saranno risorse per assicurare a tutti un livello di vita decoroso, ci sarà sempre qualcuno che si metterà in cammino.

Questo lungo cammino durato millenni, continua qui e ora. Oggi il viaggio dell’umanità è interrotto da muri – di filo spinato o di mattoni - che stanno sorgendo ovunque in Europa.
Il muro è l’antitesi del viaggio, non è altro che una proiezione fisica del muro mentale che c’è in noi. Camilleri afferma «Stiamo imprigionando noi stessi, non stiamo tenendo lontano gli altri, imprigioniamo i nostri cervelli in quelli stessi muri eretti che crediamo una difesa. In un gesto simile c’è la cecità del futuro».

Il viaggio dunque non è da intendere solamente come movimento ma anche come significante, come metafora di vita, e la vita stessa è un fantastico e meraviglioso viaggio, all’interno di noi stessi, nell’incontro con l’altro …

Nel nostro tempo e nel Mediterraneo (Mare Nostrum), il viaggio che i migranti intraprendono, altro non è che il perpetuarsi dei viaggi celebri della letteratura: dal lungo viaggio di Ulisse che attraversa il Mediterraneo alla ricerca di Itaca, al percorso di Dante, viaggiatore a sua volta nella Divina Commedia - “Nel mezzo del cammin di nostra vita” è l’incipit che – attraverso i gironi dell’Inferno – dà inizio ad un cammino memorabile.

Nel nostro vicino di casa o nel vicino di banco dei nostri figli potremmo trovare, a ben guardare, una persona ricca di esperienze, maturate da un viaggio iniziato da lontano di cui il nostro incontro è solo un punto di quella lunga linea che è il cammino dell’umanità.
Allora riusciremo a comprendere che il significato del viaggio sta soprattutto nel suo percorso. 

L’odissea odierna di molti migranti termina negli abissi del canale di Sicilia (3.800 morti e dispersi a fine ottobre).

A ricordare e riflettere sul dramma dei migranti e delle morti in mare è il Museo Atlantico di Lanzarote, un museo di arte contemporanea sul fondo dell’oceano, situato a 14 metri di profondità, nelle acque cristalline dell’isola più nord-orientale dell’arcipelago delle Canarie, realizzato dall’artista Jason deCaires Taylor che ricorda “Il lavoro non è stato concepito come un omaggio o memoriale per le tante vite perdute, ma come un duro monito circa la responsabilità collettiva della comunità globale”.

Le prime sculture sono state depositate sul fondale oceanico lo scorso 31 gennaio e dal 25 febbraio l’area è aperta per immersioni e snorkeling.

The Raft of Lampedusa (La zattera di Lampedusa) 14m Museo Atlantico, Lanzarote, Spagna